Boscone della Mesola

L’ambiente
Il Bosco della Mesola è insediato su cordoni litoranei formatisi tra XII e XV secolo, dei quali rimangono evidenti esempi nel suolo sabbioso e dunoso. Il bosco è ciò che rimane di una vasta foresta termofila, denomina Bosco Eliceo, che dominava le aree emerse dagli acquitrini della costa Alto Adriatica. Nel XVI secolo l’area forestale del Boscone era adiacente alla tenuta Estense di Mesola utilizzata per le battute di caccia. Nel 1919 l’area sulla quale sono insediati questi boschi fu acquistata dalla Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi. Nel 1954 il bosco della Mesola fu acquistato dall’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali (ASFD), la quale iniziò un’intensa opera di riordino colturale che negli anni ha assunto sempre più caratteristiche di conservazione naturalistica, tendendo al ripristino strutturale della originaria cenosi forestale. Nel 1971 terminò l’ultima bonifica del ferrarese: la Valle Falce (ad ovest del Boscone), tale opera ebbe effetti particolarmente negativi sul bosco perché il conseguente abbassamento della falda acquifera determinò la moria per disseccamento degli alberi più vetusti. A questo si tentò di porre rimedio ripristinando ed ampliando la rete interna di canali e scavando, nella parte centro-meridionale del bosco, il laghetto Elciola, un bacino di 7 ettari (Bondesan 1982a, 1982b, Pagnoni 1998).

La flora
Residuo del più ampio Bosco Eliceo, un grande bosco termofilo dominato dal leccio diffuso sui cordoni litoranei deltizi, il Boscone si presenta attualmente con vegetazione molto varia, che va dal prato arido al bosco igrofilo, dal bosco termofilo alle comunità palustri.
La vegetazione dominante nel bosco è quella tipica delle foreste termofile mediterranee, ma a causa della eterogeneità morfologica dell’area, sono presenti altre vegetazioni secondo le quote altimetriche. Nell’area orientale, geomorfologicamente più recente e più rilevata, e sulle sommità di duna è presente un bosco termofilo submediterraneo a querce sempreverdi (Sint. Quercion ilicis) dominato da leccio (Quercus ilex) e caratterizzata inoltre da Phillyrea angustifolia, Asparagus acutifolius, Clematis flammula, Rubia peregrina, Ruscus aculeatus, Osyris alba e Rosa sempervirens, miste a specie mesofile. Comunità a carattere relitto e impoverito di specie mediterranee, residuo di boschi ben più estesi e favoriti da condizioni eco-climatiche diverse dalle attuali. Pregio naturalistico molto elevato.
Nell’area occidentale e settentrionale, geomorfologicamente più antica e meno rilevata, nelle depressioni colmate e nelle dune appiattite è presente un bosco termofilo a caducifolie: un aggruppamento a farnia (Quercus robur), carpini bianco ed orientale (Carpinus betulus e C. orientalis) e leccio (Quercus ilex), accompagnati da specie termofile e specie mesofile. Pregio naturalistico medio.
A nelle bassure vicino alla falda, dove sono condizioni fresco umide, è presente un bosco paludoso (Cladio-Fraxinetum oxycarpae) a frassino meridionale (Fraxinus oxycarpae), pioppo bianco e gatterino (Populu alba e P. canescens), olmo campestre (Ulmus minor) e pioppo nero (Populus nigra). Lo strato arbustivo è costituito oltre che dalle specie citate, da Prunus spinosa, Rhamnus catharticus, Crategus monogyna,Pyrus pyraster, Viburnum opulus. Pregio naturalistico molto elevato.

Il Boscone si presenta con un aspetto a parco con alberi di notevoli dimensioni e vetusti, mancanza di rinnovamento naturale, quasi totale assenza di sottobosco, composto ormai quasi solo da specie velenose (vincetossico, euforbia) o coriacee (giunchi, lische). La motivazione sarà spiegata nei Fattori di minaccia. Nel bosco si aprono alcune larghe radure sabbiose e xeriche tipiche delle dune più rilevate come l’area del Parco delle Duchesse; la vegetazione è caratterizzata da comunità erbacee con prevalenza di specie annuali a pregio naturalistico molto elevato perché subendemica delle sabbie consolidate dell’Adriatico settentrionale (Bromo tectorum-Phleetum arenarii) tra cui spiccanoPhleum arenarium, Cerastium semidecandrum, Medicago minima, Silene conica, Bromus tectorum, i muschi Tortula ruraliformis ePleurochaete squarrosa, e i licheni Cladonia convoluta e C. rangiformis.

Nei canali interni e nell’Elciola, aree perennemente allagate, è presente una vegetazione tipicamente palustre con tifeti (Typahetum angustifoliae) e cariceti. Nell’Elciola è presente un giuncheto: prato umido a Juncus subnodulosus di pregio naturalistico molto elevato che ospita specie rare quali Orchis palustris e O. incarnata. Sono inoltre presenti piccoli popolamenti di Typha laxmanii, specie molto rara in tutta la penisola (Piccoli et al. 1983). Rimboschimenti di scarso pregio naturalistico a pino domestico (Pinus pinea) e pino marittimo (Pinus pinaster) sono stati effettuati in due tempi 1945-47 e 1961-71. I rimboschimenti a pioppo presenti nell’area dell’Elciola risalgono al 1967. Alcuni rimboschimenti a leccio sono stati tentati senza successo negli anni 1967-75.
Nell’area meridionale esterna alla recinzione, al confine con la Sacca di Goro, è presente una fascia dominata da canna di palude (Phragmites australis) a facies alofila.
La flora annovera elementi di rarità, come la felce palustre (Thelypteris palustris), e numerose specie di orchidee. Tra le specie vegetali degne di nota si segnalano quindi: Kosteletzkia pentacarpos, Orchis palustris, Euphorbia lucida, Dactylorhiza incarnata, Erianthus ravennae,Leucojum aestivum, Thelypteris palustris, Hydrocotile vulgaris, Juncus subnodulosus, Utricularia australis (Corticelli 1999, Pagnoni 1998, Pellizzari e Pagnoni 1998, Piccoli 1987, Piccoli et al. 1983).

La fauna
L’aspetto faunistico principale del Boscone è la presenza di due specie di ungulati: attualmente (2001) sono presenti circa 500 daini (Cervus dama) e 80 cervi (Cervus elaphus). La presenza del daino (specie alloctona) è probabilmente imputabile ad introduzioni storiche per fini venatori, risalenti al periodo estense. Per quanto riguarda il cervo, invece, Mesola è l’unica area europea per la quale non si hanno notizie certe d’immissioni da almeno 500 anni. Per questo motivo, e soprattutto perché è morfologicamente diverso dal cervo nobile europeo, è ritenuto da alcuni l’unico ceppo autoctono sopravvissuto in Italia, discendente diretto del cervo della Padania che un tempo abitava le estese foreste planiziali. Precedenti studi di tipo citogenetico (Fontana e Rubini 1991) non avevano evidenziato alcuna differenza con il cervo nobile europeo, lasciando un interrogativo sulle motivazioni che determinavano una così diversa costituzione morfologica. Recenti studi genetici sul DNA mitocondriale (Fico et al. 1998) hanno mostrato un genotipo molto distante da quello del cervo alpino, distante quasi come quello della sottospecie sarda (Cervus elaphus corsicanus). Se questa differenza genetica è dovuta alla drastica riduzione del numero di individui durante la seconda guerra mondiale (con perdita di variabilità genetica), o se effettivamente discende dal presunto cervo della Padania, al momento non è possibile saperlo. Certo è che questa è la prima volta che viene provata geneticamente una tale singolarità in un gruppo di cervi peninsulari (Lorenzini com. pers.).

Durante il passo autunnale, e in misura minore d’inverno, sono presenti grossi stormi di colombacci (Columba palumbus) e di colombelle (Columba oenas), che utilizzano il bosco come area di riposo e le stoppie delle aree limitrofe per l’alimentazione. La beccaccia (Scolopax rusticola) è presente come migratore autunnale e raramente svernante. Di particolare importanza la presenza in questo unico sito della testuggine di Hermann (Testudo hermanni), con un popolamento relitto isolato. Unico sito di presenza, anche se irregolare, pure per il nibbio bruno (Milvus migrans), rapace che potrebbe trovare nei territori del Parco ambienti idonei alla riproduzione, ma che stenta a colonizzare l’area geografica del Delta, forse a causa dell’eccessivo disturbo antropico. Tra gli animali notturni si segnala la presenza del tasso (Meles meles) e di una grossa popolazione di allocchi (Strix aluco), notevoli colonie di Chirotteri, in particolare dei rari barbastello (Barbastella barbastellus) e nottola (Nyctalus noctula), legati agli ambienti boscati relitti di maggiore dimensione. Si segnalano alcuni interessanti popolamenti di Invertebrati, quali Acinopus ammophilus e Carabus cancellatus (Costa 1998, IDROSER 1985, Mazzotti 1992, Mazzotti e Stagni 1993, Pagnoni 1998).

Per visitarlo
L'accesso è libero ed è consentito a piedi o in bicicletta in un'area aperta al pubblico di circa 100 ettari.
Presente un percorso naturalistico dedicato ai non vedenti.